marca tipografica di Francesco Ziletti, 1580F.A.0015

Praxis iudicialis hoc est obseruationes, et animaduersiones ... authore I.V. Doctissimo, & inter practicos celeberrimo Alexandro Stiatico Bononiensi ... - Venetijs : apud Franciscum Zilettum, 1580.
[34], 135, [1] c. ; 4°

marca tipografica di Francesco Ziletti, dal frontespizio -- mm 54 x 57

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Intorno a Orfeo che canta accompagnandosi con la lira, nella marca di Ziletti si riconoscono un unicorno, un leone, un serpente, un cane (probabilmente), un cigno e, nel cielo, degli uccelli in volo.

Il suo strumento è una lira da braccio, che è quel che si intende in genere nel Rinascimento col termine lira. Altra cosa l'antico strumento a plettro a cui si riferivano i greci, e di cui parla Boccaccio nella citazione che segue chiamandolo cetra: con la lira da braccio ha in comune il nome e l'uso per accompagnare il canto.

Da Apollo giunse poi il sonatore di lira, padre
dei canti, Orfeo molto lodato.


(Pindaro, Pitiche 4, 176-177, da: Colli, I, 4[A4])


Uccelli innumerevoli
si libravano a volo sopra il suo capo,
e diritti
dall'acqua turchina balzavano
in alto i pesci per il canto bello.


(Simonide, fr. 384, da: Colli, I, 4[A2])

Orfeo, secondo che Lattanzio in libro Divinarum institutionum in Gentiles scrive, fu figliuolo d'Apolline e di Caliopè musa, e a costui scrive Rabano, in libro Originum, che Mercurio donò la cetera, la quale poco avanti per suo ingegno aveva composta: la quale esso Orfeo sì dolcemente sonò, secondo che i poeti scrivono, che egli faceva muovere le selve de' luoghi loro e faceva fermare il corso de' fiumi, faceva le fiere salvatiche e crudeli diventar mansuete.

Di costui, nel IIII della Georgica, raconta Virgilio questa favola, cioè lui avere amata una ninfa chiamata Euridice, ed avendola con la dolceza del canto suo nel suo amor tirata, la prese per moglie. La quale un pastore chiamato Aristeo cominciò ad amare: e un giorno, andandosi ella diportandosi insieme con certe fanciulle su per la riva d'un fiume chiamato Ebro, Aristeo la volle pigliare; per la qual cosa essa cominciò a fuggire e, fuggendo, pose il piè sopra un serpente, il quale era nascoso nell'erba; per che, sentendosi il serpente priemere, rivoltosi, lei con un velenoso morso trafisse, di che ella si morè.

Per la qual cosa Orfeo piagnendo discese in inferno e con la cetera sua cominciò dolcissimamente a cantare, pregando nel canto suo che Euridice gli fosse renduta. E, con ciò fosse cosa che esso non solamente i ministri infernali traesse in compassione di sè, ma ancora facesse all'anime de' dannati dimenticare la pena de' lor tormenti, Proserpina, reina d'inferno, mossasi, gli rendè Euridice, ma con questa legge: che egli non si dovesse indietro rivolgere a riguardarla, infino a tanto che egli non fosse pervenuto sopra la terra; per ciò che, se egli si rivolgesse, egli la perderebbe, senza mai poterla più riavere.

Ma esso, con essa venendone, da tanto disiderio di vederla fu tratto che, essendo già vicino al pervenire sopra la terra, non si potè tenere che non si volgesse a vederla. Per la qual cosa, senza speranza di più riaverla, subitamente la perdè; laonde egli lungamente pianse e del tutto si dispose, poichè lei perduta avea, di mai più non volerne alcun'altra, ma di menar vita celibe, mentre vivesse. Per la qual cosa, sì come dice Ovidio, avendo il matrimonio di molt'altre che il domandavano recusato, cominciò a confortare gli altri uomini che casta vita menassero. Il che sappiendo le femine, il cominciarono fieramente ad avere in odio; e multiplicò in tanto questo odio che, celebrando le femine quel sacrificio a Baco che si chiama "orgia" allato al fiume chiamato Ebro, co' marroni e co' rastri e con altri strumenti da lavorar la terra l'uccisono e isbranaron tutto, e il capo suo e la cetera, gittate nell'Ebro, infino nell'isola di Lesbo furono dall'acque menate; e, volendo un serpente divorare la testa, da Apolline fu convertito in pietra, e la sua cetera, secondo che dice Rabano, fu assunta in cielo e posta tra l'altre imagini celestiali. [...]


(Boccaccio, Esposizione della Commedia di Dante, Inferno IV, 140)

vedi anche:

punto beige il frontespizio
punto beige Il bambino e la tartaruga : la marca dei Gadaldini

[a cura di a.l.]